Articolo - Cosa ci fa una psicologa in azienda. Nascita di una vocazione

Articolo - Cosa ci fa una psicologa in azienda. Nascita di una vocazione




Dieci anni fa, quando decisi di integrare la mia attività di psicologa clinica, iniziando ad operare anche in azienda, ho avvertito l’esigenza di cercare il senso profondo di ciò che volevo portare nei contesti organizzativi. Cercavo la mia bussola, qualcosa che potesse contraddistinguere il mio operato.

Ricordo che mi rassicurava molto sapere di far parte di una categoria professionale già ampiamente legittimata in tal senso: selezione e valutazione del personale erano appannaggio prevalente della nostra professione. Tutta una serie di aspetti legati alla formazione, ad esempio sui temi della comunicazione, della leadership, della gestione dei collaboratori e così via fanno chiaramente riferimento a modelli teorici psicologici. Le analisi organizzative, sia in termini strutturali che culturali, beneficiano indiscutibilmente di una competenza psicologica.


Allora che cosa cercavo, vi starete chiedendo?

Ero certa che fosse necessario conoscere le teorie e padroneggiare le tecniche. Necessario, ma non sufficiente per portare valore aggiunto. Oggi, come allora, sono convinta che serva qualcosa di più.

Per favorire un’evoluzione, per nutrire costantemente la propria motivazione, per essere efficaci, ci vuole la consapevolezza di un sensoil senso profondo del proprio agire. Il linguaggio aziendale ha ormai introdotto sistematicamente i termini “missione, visione e valori” per rendere esplicita l’identità di un’organizzazione. Ecco! Io cercavo proprio questo: uno scopo chiaro che mi desse al contempo profondità e direzione.


Avete presente il detto che afferma: “Quando l’allievo è pronto, il maestro compare”? Proprio mentre ero pronta a cercare il mio senso, mi sono imbattuta in questa storia: “Un boscaiolo lavorava in un bosco, ci lavorava da molti anni e avrebbe continuato a lavorarci a lungo prima di potersene andare in pensione. Il bosco era esteso e se ne doveva occupare da solo; ogni giorno verificava il grado di irrigazione del suolo, la qualità di nutrimento del terreno, eventuali aree parassitate e così via. Un giorno il boscaiolo era intento a potare rami. Era indaffarato e, giunto sul far della sera, si sentiva stanco e frustrato visto che il lavoro da svolgere era ancora parecchio. Un viandante che passeggiava nel bosco si mise ad osservare il boscaiolo e lo ascoltava mentre brontolava ad alta voce: “Non è possibile lasciare un solo boscaiolo a prendersi cura di un terreno tanto vasto. È evidente che il proprietario non ha la minima idea di come si gestisce un terreno del genere, per non parlare dell’attrezzatura così scarsa. E vogliamo parlare della paga irrisoria?”. Il viandante allora gli chiese: “Non ti conviene affilare la lama della tua sega?” Il boscaiolo si voltò stizzito e replicò: “Ma credi che abbia tempo da perdere?!”

Lessi la versione originale di questa storia in un libro ricco di mille spunti: “Le 7 regole per avere successo” di Stephen Covey.

Quelle poche righe mi rivelarono l’intima ambizione del valore che avrei voluto aggiungere al mio lavoro: aumentare la consapevolezza del proprio potere personale. Ed è ciò che ho fatto in tutti questi anni.


Sono infatti convinta che siano questi gli elementi che permettono agli individui e alle organizzazioni di definire mete chiare e strategie coerenti, di superare gli ostacoli, di apprendere costantemente dall’esperienza e rendersi resilienti alla vita.


Forse, a questo punto, vi starete chiedendo: cosa intendo davvero con i termini consapevolezza e potere personale?

Facciamo un passo indietro e torniamo alla storia: che cosa sta facendo il boscaiolo quando brontola tra sé e sé? Apparentemente si sfoga: è stanco, lo lasciano solo, lo pagano poco, gli chiedono compiti che reputa impossibili da svolgere. Almeno che si sfoghi! Questa è la prima trappola in cui cade il boscaiolo, investe la sua energia nella rabbia che si canalizza nello sfogo e nella lamentela.


E se invece lamentarsi fosse un’enorme dispersione di potere personale?

A ben pensarci, lamentandosi, il boscaiolo costruisce un’immagine di sé di persona succube e impotente. È il proprietario del terreno ad essere incompetente. Lui è solo la vittima, e in quanto tale si convince che l’unica cosa che può fare sia brontolare. L’idea che potrebbe investire le sue energie in una direzione più appagante non gli sfiora la mente. E così, impegnato nella lamentela, non si domanda nemmeno più che cosa vuole davvero.

A questo punto sulla scena spunta il viandante che rappresenta la strategia per aumentare consapevolezza e potere personale. Che cosa fa il viandante? Si dà tempo e osserva. L’osservazione dei fatti e degli eventi, senza caricare di giudizi e di interpretazioni ciò che osserva, gli permette di intercettare l’azione in cui si esprime il potere personale. Et voilà la domanda chiave si materializza nella sua mente: che cosa può fare il boscaiolo per rendere efficace e soddisfacente il suo lavoro? Affilare la lama e tagliare gli alberi con precisione, traendone soddisfazione.

Nella storia il boscaiolo ed il viandante sono due persone diverse. Eppure rappresentano anche due modi di affrontare il lavoro e la vita che coesistono in ognuno di noi: la parte che agisce e quella che osserva reindirizzando l’azione.


Ciò che cerco di fare nel mio lavoro è permettere alle persone di riconoscersi boscaioli e viandanti di se stessi. Questo permette di espandere la propria consapevolezza e aumentare il proprio potere personale.



Michela Pajola

Psicologa e Psicoterapeuta ad orientamento Psicoanalitico, diplomata in Executive Coaching ACTP – ICF. Opero come consulente di processo nel supportare Direttori HR e Responsabili della Formazione nella definizione di obiettivi di sviluppo. Nel mio lavoro utilizzo l’approccio esperenziale sia per la formazione manageriale, sia per interventi di coaching e team coaching. Temi di maggior interesse: Mindfullness in contesti organizzativi, consapevolezza di ruolo, leadership. Iscritta all'Ordine degli Psicologi dell'Emilia Romagna n° 2553

Torna a Articoli
Share by: